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Francesco Roat

Le elegie di Rilke tra angeli e finitudine

esaurito


Nuova traduzione delle Elegie Diunesi di Rainer Maria Rilke (con testo originale a fronte) e commento critico, oltre ad una introduzione storico-letteraria.


Edite nel 1912, le Elegie Duinesi – scritte dal grande poeta praghese di madre lingua tedesca Rainer Maria Rilke – non godettero subito di grande notorietà. Però col passare degli anni la loro fama venne a consolidarsi; tanto che a tutt’oggi esse sono quasi unanimemente considerate l’opera poetica più pregnante e vivace della lirica tedesca dell’intero novecento.
Le Elegie, nota Francesco Roat, vogliono porsi quale discorso inteso ad abbracciare uomo e universo, realtà mondana e oltremondana, trattando temi quale l’angoscia e al contempo la felicità dell’esserci nell’orizzonte della finitudine, l’inesausta e mai pafga tensione desiderante, la riconsiderazione della morte come mutamento all’interno di un essere che mai viene meno, il significato più sublime della gioia quale accettazione nei confronti della vita qualunque cosa essa rechi con sé: financo la sofferenza e l’exitus. E giusto questa sottolineatura della sconcertante, paradossale felicità che deriva dal consenso rispetto a declino, perdita, dolore e morte – attraverso un’accoglienza riappacificartrice la quale fa sì che l’elegia da canto mesto sull’umana caducità si trasformi in peana gioioso – è, secondo Roat, la straordinaria e attualissima lezione delle Elegie Duinesi.

  • Italiano
  • 2009
  • pp 170
  • EUR 12,00
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