Vorrei che c'incontrassimo in uno sguardo, con un sorriso, sotto il mare di nuvole morbide che solcano il cielo, dove non arriva una voce, un'eco, un rumore, solo il profumo delle camelie.
Siamo nella prima metà degli anni settanta del secolo scorso. Georges Pompidou è presidente della repubblica e Raymond Poulidor tenta per l’ennesima volta di vincere il Tour.
Al terzo piano di un palazzo al numero 15 di Rue Saint-Vincent, sulla collina di Montmartre nel diciottesimo arrondissement di Parigi, abitano Marguerite, una bambina tormentata soprattutto dalla domanda: perché i grandi si ostinano a fare sempre tutto il contrario di quello che renderebbe felice i bambini? e Babette, una misteriosa e solitaria signora anziana che ogni sera, dalle sei alle otto, suona il pianoforte. Sono loro, costantemente alternate, le voci narranti di questa toccante storia di traumi e silenzi, di ribellione e insofferenza, di opaca quotidianità e angoscianti paure. È la storia di due donne, Babette e la madre di Marguerite, che, trent’anni dopo la guerra, portano dentro di sé, inespressi e inesprimibili, gli orrori di quegli anni che hanno segnato in maniera funesta la loro vita. Ed è contro il loro silenzio che s’infrange per lungo tempo la voglia di vivere di Marguerite. Solo la musica riesce a spezzarlo. Ma è l’ostinata caparbietà della piccola ribelle a portare alla luce segreti e paure e a far nascere nuove storie. Forse più serene, perché “basta così poco, davvero così poco, per essere felici.”