Divertimenti tristi è un’opera in prosa appartenente al genere letterario del «racconto rotto».
Raccoglie un centinaio di prose minime tenute insieme con lo scotch. Sotto le strisce tras-lucide del nastro adesivo si vedono le linee di rottura di un racconto che non si aggiusta più.
Per fare un racconto rotto bisogna procurarsi un racconto intero, salire le scale fino al settimo piano e gettarlo da una finestra del sottotetto. Poi si scende per strada e si raccolgono i pezzi: poemetti in prosa, messaggini, aforismi dilatati, apologhi, sequenze interrotte, onirigrammi, romanzi compressi, divagazioni, miniature esatte in uno spazio indeterminato.
I pezzi spaccati a metà si buttano via. Si tengono solo i frammenti riconoscibili e non troppo rovinati, che vengono ripuliti lungo i bordi e incollati tra loro senza un disegno preciso.
Il libro di Enrico De Zordo colma una lacuna incredibile: incredibile infatti che uno dei più validi scrittori altoatesini non avesse ancora trovato il modo di depositare le sue intuizioni in un volume compiuto, segnando così sulla mappa della produzione locale un punto di raggiunta consapevolezza e di ulteriore sconfinamento.
Dopo la lunga stagione caratterizzata dal recupero della memorialistica, cioè dal sentimento di una comunità alla ricerca del radicamento, qui si compie il passaggio stilistico che fa evaporare il riferimento al luogo “dal quale si scrive” o “del quale si scrive” in qualcosa che ambisce a pieno titolo a collocarsi nella cornice letteraria nazionale. Una prova di maturità non solo individuale, non solo legata alla particolare biografia dell’autore, bensì l’esempio di come la marginalità può essere superata solo dalla qualità.
Enrico De Zordo presenta il suo libro
Enrico De Zordo parla ancora dei suoi Divertimenti tristi